Il ponte sullo stretto di Messina è uno dei cavalli di battaglia di Matteo Salvini ora e di Silvio Berlusconi prima, che proprio ieri ha ottenuto il via libera dal CIPESS. Dopo che sarà approvato anche alla Corte dei Conti, passaggio non scontato, i lavori potranno iniziare già a settembre o ottobre. Ma questa grande opera sarà l’ennesima cattedrale nel deserto o una infrastruttura strategica? Scopriamolo.
Cosa
prevede il piano
Il progetto, dal valore di 13.5 miliardi, diventerebbe il ponte
a singola campata più lungo del mondo con i suoi 3.6 kilometri di lunghezza e
quasi 400 metri di altezza delle torri, altro record che verrebbe infranto. La
realizzazione sarà affidata al consorzio Eurolink, guidata dell’azienda
italiana Webuild e, se tutto va come atteso, sarà completato intorno al 2032.
In questi 7 anni in base alle dichiarazioni di Salvini verranno creati 120 000
posti di lavoro, una esagerazione che viene smentita anche dal Sole 24 Ore che
ne stima 36 000, un numero assai inferiore. 253 imprese da tutta Italia
verranno coinvolte nella costruzione in maniera diretta o indiretta e questo
stimolerà anche una crescita del PIL pari a 23,1 miliardi. Oltre al traffico di
auto, il quale massimo sarà 6000 ogni ora, il ponte garantirà anche il passaggio
ferroviario di 200 treni al giorno, diminuendo nettamente il tempo impiegato
per attraversare lo stretto con il traghetto. Per quanto riguarda i rischi
sismici della zona, il ponte sarà capace di resistere terremoti di intensità
7.1 e correnti di vento fino a 200 km/h.
Le critiche
Le critiche rivolte nei confronti del ponte sullo Stretto provengono
da tutti i principali partiti dell’opposizione. Giuseppe Conte condanna la
concentrazione di così tante risorse per un progetto “non fondamentale” e i Verdi-Sinistra
sono preoccupati per le espropriazioni che verranno messe in atto e che
cambieranno il paesaggio locale. La critica che reputo centri il problema
principale la muove Francesco Boccia, parlamentare del PD, che sostiene che il
ponte rischia di essere una nuova “cattedrale nel deserto” data la pessima
condizione della rete ferroviaria siciliana. Secondo un’indagine ISTAT solo il
12% dei siciliani hanno utilizzato almeno una volta il treno lo scorso anno, la
velocità media dei treni è di 26 km/h, circa il 40% in meno delle altre regioni
e la rete è per l’80% a binario unico. Forse prima di collegare l’Italia con la
Sicilia, sarebbe opportuno collegare al meglio i siciliani, favorendo la modernizzazione
della rete ferroviaria e l’ampliamento delle strade statali e le autostrade.
Le motivazioni politiche
Il ponte sullo Stretto è sempre stata una proposta ricorrente
nel programma del centro-destra, sin dal Berlusconi II. Negli ultimi anni Salvini
e la Lega hanno reso questa battaglia loro anche e soprattutto, mi viene da
aggiungere, per vendere un certo tipo di narrazione: una Italia che “torna a
costruire”, ad innovare e che ha riguadagnato statura internazionale. Nel 2016,
con il governo Renzi che aveva riaperto alla possibilità di costruire il ponte,
lo stesso Salvini era contrario e muoveva la stessa critica di Boccia. Questo
fa capire quanto, in realtà, ciò che i promotori vogliono è fondamentalmente un
guadagno di consensi nel Sud Italia e distogliere l’attenzione da dossier in
cui l’Italia è in evidente difficoltà, uno su tutti i dazi di Trump.
Conclusione
Concludendo
credo che, quando un paese è diviso da un ostacolo naturale debba essere collegato
per garantire maggiori opportunità alla parte isolata, come è avvenuto in Turchia
sullo stretto dei Dardanelli, però bisogna anche garantire delle buone
possibilità di spostamento, altrimenti si rischia veramente diventi una “cattedrale
nel deserto”. Altro punto che vorrei sottolineare è che, quando si inizierà a far
politica per il bene dello stato e non per mero calcolo politico e guadagno di
consensi, forse si riuscirà a raddrizzare questo paese.
Nicolò Paganelli
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